L’ageismo
L’ageismo (dall’inglese ageism) si riferisce a qualsiasi forma di discriminazione o sierotipizzazione basata sull’età. Questo può includere atteggiamenti negativi, esclusione sociale o lavorativa e pratiche discriminatorie nei confronti sia delle persone anziane che dei giovani.
Il termine è stato originariamente coniato per descrivere le discriminazioni rivolte agli anziani, tuttavia è stato impiegato anche per denotare le discriminazioni esercitate dagli anziani nei confronti dei giovani.
In questo articolo ci concentreremo sul significato originale, analizzando i pregiudizi nei confronti degli anziani, le ripercussioni sulla qualità della vita e l’importanza di agire per creare una società che ci rispetti e ci supporti quando diventeremo anziani.
L’ageismo si presenta in molti aspetti della vita quotidiana e lavorativa ed è necessario conoscerlo e comprenderlo per potere identificare le sue manifestazioni, in noi e negli altri, e per promuovere un ambiente più equo e inclusivo per persone di tutte le età. L’ageismo può essere sia palese che sottile e in entrambi i casi influenza negativamente la salute, il benessere e le opportunità disponibili per le persone di diverse fasce d’età.
Questo è ancora più vero se consideriamo il fenomeno dell’invecchiamento demografico, in rapida crescita a livello mondiale. Le proiezioni indicano che la percentuale di persone oltre i 65 anni di età aumenterà significativamente nei prossimi decenni, tendenza che pone nuove sfide sociali, economiche e sanitarie.
L’ageismo: definizione della discriminazione per età
L’ageismo è un termine coniato negli anni ’60 dal dottor Robert Butler, gerontologo, per descrivere il “processo di discriminazione nei confronti degli individui anziani”.
Questo fenomeno può avere radici profonde in pregiudizi culturali e stereotipi socialmente costruiti che vedono le persone anziane come meno capaci, meno attraenti o meno produttive rispetto ai loro coetanei più giovani. Gli anziani sono spesso etichettati con stereotipi negativi che enfatizzano la dipendenza, la fragilità, l’inutilità e la lentezza. Questi stereotipi non solo sono ingiusti, ma ignorano anche i contributi significativi che le persone anziane continuano a dare alla società, sia in termini di saggezza e esperienza che di partecipazione attiva nelle comunità e nel mercato del lavoro. La percezione della vecchiaia come un periodo di declino ineluttabile contribuisce a un circolo vizioso di esclusione e marginalizzazione.
Storicamente, la discriminazione per età è stata meno evidente rispetto ad altre forme di discriminazione ma, con l’invecchiamento della popolazione globale e con il ritardo nel pensionamento, il tema ha guadagnato maggiore visibilità e rilevanza.
Stereotipi sugli anziani che contribuiscono alla discriminazione per età
“Gli anziani sono tecnologicamente arretrati”: un comune stereotipo è che le persone anziane non possano o non vogliano usare le tecnologie moderne, come smartphone o computer, a causa della loro complessità. Tuttavia, è fondamentale riconoscere che la vera barriera spesso non è l’inclinazione o la capacità degli anziani di adattarsi alle nuove tecnologie, ma piuttosto la mancanza di usabilità e accessibilità di tali tecnologie. Per superare questo stereotipo e favorire un’inclusione digitale effettiva, lo sviluppo tecnologico dovrebbe tenere conto delle esigenze specifiche degli utenti anziani. Promuovere tecnologie accessibili e inclusive non solo aiuta a combattere gli stereotipi legati all’età, ma migliora anche la qualità della vita degli anziani, consentendo loro di rimanere connessi, informati e attivamente coinvolti nella società.
“Gli anziani sono fisicamente e mentalmente deboli”: si tende a generalizzare che tutti gli anziani siano fragili, malati o meno capaci mentalmente, ignorando la grande varietà di condizioni di salute e abilità cognitive nell’invecchiamento. Importante è considerare che questa presunta debolezza non riflette necessariamente le condizioni naturali dell’età avanzata, ma potrebbe essere un effetto dell’isolamento, della discriminazione, della ridotta partecipazione sociale e di altri aspetti discriminatori che influenzano negativamente la salute fisica e mentale. Questi fattori, combinati con una mancanza di opportunità adeguata per l’esercizio fisico, l’accesso a cure sanitarie preventive e un ambiente stimolante, possono contribuire a un declino prematuro, che altrimenti non sarebbe inevitabile. Riconoscere e affrontare queste cause sottostanti è cruciale per promuovere un invecchiamento sano e attivo, sfidando gli stereotipi negativi e migliorando la qualità della vita per gli anziani.
“Gli anziani sono resistenti al cambiamento”: vi è l’idea che le persone anziane siano intrinsecamente ostili a qualsiasi forma di cambiamento, sia esso tecnologico, sociale o culturale, preferendo rimanere ancorati al passato. Questa visione non tiene però conto della capacità e della volontà di molti anziani di adattarsi e di imparare, nonostante le sfide che possono incontrare. La resistenza al cambiamento non è una caratteristica esclusiva di una fascia d’età, ma può manifestarsi in individui di tutte le età a seconda del contesto personale, delle esperienze passate e dell’accesso a risorse di supporto. Gli anziani hanno dimostrato di poter accogliere il cambiamento quando questo viene presentato in modo accessibile e significativo e quando vedono i benefici pratici nella loro vita quotidiana.
Uomini e donne: un doppio standard di discriminazione
Nel dibattito sull’ageismo, un aspetto particolarmente critico è il doppio standard applicato agli uomini e alle donne nel processo di invecchiamento. Spesso, nella cultura popolare e nei media, prevale il pregiudizio secondo cui gli uomini “maturano” con l’età, acquisendo caratteristiche come saggezza, distinzione e autorità. Questa percezione li rende soggetti di un’ammirazione crescente man mano che avanzano negli anni, suggerendo che l’invecchiamento arricchisca il loro valore sociale e personale.
Al contrario, le donne si trovano ad affrontare un panorama molto diverso. La pressione per mantenere la gioventù e l’attrattiva fisica è imponente e l’invecchiamento viene spesso presentato come un declino di bellezza e vigore. Questa narrazione perpetua l’idea che il valore delle donne sia intrinsecamente legato all’aspetto fisico, riducendone l’apprezzamento per le qualità interiori, l’intelligenza e i successi ottenuti. Tale doppio standard non solo sminuisce l’esperienza dell’invecchiamento per le donne ma rinforza anche stereotipi dannosi per l’autostima e il benessere psicologico.
Affrontare e smantellare questo doppio standard richiede un cambiamento culturale che valorizzi le persone per le loro competenze, esperienze e contributi alla società, indipendentemente dal genere. Promuovere narrazioni che celebrano l’invecchiamento in tutte le sue forme è un passo cruciale verso la costruzione di una società più inclusiva e rispettosa, in cui uomini e donne possano invecchiare con dignità e orgoglio per ciò che sono e per i traguardi raggiunti.
“OK BOOMER”: una forma di ageismo?
L’espressione “OK Boomer” è diventata popolare tra i giovani a partire dal 2019, soprattutto tra Millennial e Gen Z (nati dal 1997 in poi). Questa espressione viene utilizzata principalmente sui social media e nelle conversazioni quotidiane come risposta sarcastica o scherzosa alle opinioni espresse da individui più anziani, che i più giovani percepiscono come superate, resistenti al cambiamento, o disconnesse dalle realtà e dalle sfide contemporanee.
“OK Boomer” serve a evidenziare un divario generazionale percepito, segnalando un senso di frustrazione o disillusione nei confronti di atteggiamenti o comportamenti ritenuti caratteristici della generazione dei Baby Boomers. Questi possono includere punti di vista conservatori o tradizionalisti su questioni sociali, economiche e ambientali. La frase è stata usata per sottolineare le differenze nelle priorità e nelle prospettive tra le generazioni, con i giovani che spesso si sentono incompresi o marginalizzati dalle generazioni più anziane in dibattiti su temi come il cambiamento climatico, la giustizia sociale, l’uguaglianza e l’occupazione.
Sebbene alcuni possano usare “OK Boomer” in modo leggero o ironico, la sua popolarità riflette reali tensioni intergenerazionali riguardo al potere, al valore e all’influenza nella società. L’espressione “OK Boomer” può essere considerata una forma di ageismo, poiché si tratta di un modo di etichettare e di delegittimare le persone di una certa fascia di età basandosi, ancora una volta, su stereotipi legati all’età.
Come per qualsiasi forma di stereotipizzazione o discriminazione, è importante considerare l’effetto delle parole che usiamo e riconoscere che frasi come “OK Boomer” possono rinforzare divisioni e pregiudizi anziché promuovere un dialogo costruttivo e il rispetto reciproco tra le generazioni.
L’impatto dell’ageismo sulla salute mentale e fisica degli anziani
L’ageismo, questa forma di discriminazione per età, colpisce duramente la salute mentale e fisica degli anziani: può portare a depressione, bassa autostima e isolamento sociale, tutti fattori che possono aggravare problemi di salute esistenti o contribuire allo sviluppo di nuove condizioni. Inoltre, gli stereotipi negativi possono influenzare negativamente l’accesso alle cure mediche e ai servizi sociali, con professionisti che potrebbero sottovalutare le capacità degli anziani o ignorare le loro esigenze specifiche.
Dall’altra parte, invece, avere un atteggiamento positivo nei confronti dell’invecchiamento è un elemento che contribuisce a una migliore qualità di vita. Lo ha rilevato ad esempio uno studio francese su persone di età superiore ai 55 anni, in cui si è scoperto che una visione positiva dell’invecchiamento è uno dei modi per invecchiare bene, sentirsi a proprio agio con l’età che avanza e gestire efficacemente le emozioni.
C’è da considerare anche che l’ageismo non danneggia solo gli anziani; ha un impatto negativo anche sulla società nel suo complesso. Limitando le opportunità per gli anziani di contribuire attivamente, la società si priva di una preziosa risorsa di conoscenza, esperienza e competenza. Inoltre, l’ageismo può contribuire a un aumento dei costi sanitari e sociali, poiché le persone anziane che sperimentano discriminazione sono più suscettibili a problemi di salute che richiedono interventi medici. Infine, perpetuando divisioni e pregiudizi, l’ageismo mina gli sforzi volti a costruire comunità più coese e solidali, in cui persone di tutte le età possono sentirsi valorizzate e coinvolte.
Come contrastare l’ageismo
Contrastare l’ageismo richiede il coinvolgimento di persone, comunità, istituzioni e governi. Attraverso una serie di interventi mirati, è possibile promuovere un cambiamento culturale e strutturale che valorizzi l’invecchiamento e gli anziani. Sebbene sia importante promuovere una cultura dell’invecchiamento attivo e positivo e fare formazione per contrastare gli stereotipi negativi dell’ageismo, questi interventi potrebbero non dipendere da noi. Cosa possiamo fare, come individui?
Ecco alcune idee:
- Aumenta la consapevolezza: riconosci quando i tuoi pensieri o comportamenti sono influenzati da stereotipi sull’età piuttosto che da fatti concreti. Rifletti sulle tue percezioni degli anziani e su come queste possano essere state modellate da convinzioni diffuse ma inaccurati.
- Esplora diverse prospettive: ascolta storie ed esperienze dirette di persone anziane. La loro varietà di vissuti può offrire una visione più ricca e complessa dell’invecchiamento, diversa da quella stereotipata.
- Rallenta e rifletti: quando interagisci con persone anziane, evita di prendere decisioni affrettate basate su pregiudizi. Prenditi il tempo di considerare la persona di fronte a te come un individuo unico, non come un rappresentante di un’intera fascia di età.
- Approfondisci i bias cognitivi: studiare come funzionano i bias cognitivi, inclusi quelli legati all’età, può aiutarti a riconoscerli più facilmente nella tua vita quotidiana e a sviluppare strategie per contrastarli.
- Ricorda il destino comune: tieni presente che l’invecchiamento è un processo che tutti speriamo di vivere. Trattare gli anziani con rispetto e dignità è un modo per rispettare il nostro futuro sé. Combattere l’ageismo non è solo un atto di giustizia verso le generazioni attuali di anziani, ma rappresenta anche un investimento nel nostro futuro: agire contro l’ageismo diventa un modo per assicurarci che, quando arriverà il nostro turno, vivremo in una società che ci rispetta, ci valorizza e ci supporta.